29 Luglio 2022

Sfruttamento del lavoro: si pronuncia la Corte di Cassazione

Con la recente sentenza n. 24388 del 24 giugno 2022, la IV sezione penale della Corte di Cassazione si è espressa in merito al reato di "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" previsto e punito dall’art. 603 bis c.p.

Il reato oggetto della sentenza, introdotto nel 2011 nel Codice Penale, è stato successivamente modificato con la Legge 199/2016 (c.d. riforma del 2016) che, inoltre, amplia la responsabilità dell’ente giuridico con l’inserimento dell’art. 603-bis nell’elenco dei delitti contro la personalità individuale di cui l’ente risponde ex art. 25-quinquies D.Lgs n. 231/2001.

Con decreto del 27/11/2020 il tribunale di Lamezia Terme aveva disposto un provvedimento di sequestro preventivo a carico del rappresentante legale e dell’amministratore di fatto di una società, entrambi indiziati del rato di sfruttamento del lavoro ex art. 603 bis c.p.

Avverso la pronuncia del Tribunale è stato presentato ricorso, nel quale si sosteneva che la riforma del 2016, che ha incluso i datori di lavoro tra i possibili soggetti attivi del reato, è stata introdotta in un momento successivo all’assunzione dei lavoratori e che, pertanto, doveva essere ritenuta inapplicabile. Precedentemente alla riforma, infatti, il soggetto attivo del reato era esclusivamente il soggetto che si interponeva tra il lavoratore e il Datore di lavoro svolgendo attività di intermediazione.

Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione, la quale ha evidenziato che il reato di sfruttamento del lavoro non si perfeziona esclusivamente in sede di assunzione dei lavoratori, ma attraverso modalità alternative come l’utilizzazione o l’impiego di manodopera. Di conseguenza, il comportamento del datore di lavoro risulta rilevante penalmente a partire dal momento in cui il lavoratore viene assunto, e per tutto il tempo in cui il rapporto di lavoro continua in regime di sfruttamento.

Inoltre, la Corte di cassazione si è espressa anche in relazione alla nozione di stato di bisogno, richiamando il consolidato orientamento secondo cui “ai fini dell’integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoratore lo stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose”.

Oltre alle implicazioni giuridiche e sanzionatorie correlate allo sfruttamento del lavoro per quanto previsto dall’ordinamento italiano, non possono essere trascurate le possibili ricadute commerciali e di immagine. In tale ambito si vuole richiamare l’attenzione sulla legge britannica sulla schiavitù moderna (UK Modern Slavery Act), uno dei più ampi e stringenti provvedimenti in materia di “schiavitù moderna”. Taleprovvedimento, introdotto nell’ordinamento britannico a partire dal 2015, potrebbe avere implicazioni di vasta portata su come le aziende che operano nel Regno Unito devono valutare e gestire ciò che sta accadendo nelle loro catene di approvvigionamento.

Essarichiede, alle imprese che superano un tetto minimo di fatturato annuo pari a 36 milioni di sterline conseguito in parte o per la totalità nel Regno Unito, di spiegare e pubblicare gli sforzi compiuti per:

  • identificare e analizzare i rischi della tratta di esseri umani e della schiavitù nella catena di approvvigionamento;
  • creare e mantenere standard e procedure per la gestione responsabile di dipendenti e appaltatori e prendere provvedimenti nei confronti di coloro che non rispettano gli standard aziendali in materia di schiavitù e traffico di esseri umani;
  • condurre audit di seconda parte sui fornitori per valutarne il grado di conformità agli standard aziendali in materia di tratta di esseri umani e schiavitù nelle supply chain;
  • richiedere ai fornitori diretti di certificare che i materiali incorporati nel prodotto siano conformi alle leggi in materia di schiavitù e traffico di esseri umani del paese o dei paesi in cui operano;
  • fornire ai dipendenti e ai dirigenti dell'azienda la responsabilità diretta della gestione della catena di fornitura, della formazione sulla tratta di esseri umani e sulla schiavitù, in particolare per quanto riguarda la mitigazione dei rischi all'interno delle catene di fornitura dei prodotti.

Cosa possono fare dunque le Società per prevenire i reati in materia di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, evitare possibili rischi reputazionali connessi a tale tipologia di reati e contribuire all’eradicazione di fenomeni di sfruttamento del lavoro?

Oltre all’adozione di un Modello di Organizzazione Gestione e controllo ex. D.Lgs. 231/01 e all’implementazione di un adeguato processo di individuazione e gestione dei rischi risulta centrale, specialmente per le Società operanti nei settori che più ricorrono al lavoro esternalizzato o che rientrano nell’ambito di applicazione del “UK Modern Slavery Act”, dotarsi di specifici presidi di controllo in materia di assunzione del personale e qualifica e monitoraggio dei fornitori, anche mediante audit di seconda parte, ottimizzando così i controlli lungo tutta la catena di fornitura.

Cogitek offre servizi di Risk Management, analisi e adeguamento al D.Lgs. 231/01, supporto nell’ottimizzazione dei processi aziendali e rafforzamento del sistema di controllo interno, audit anche lungo la catena di fornitura.

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