Nel 2015 è stato sottoscritto dai 193 Paesi membri dell’ONU Agenda 2030, il programma d’azione per lo sviluppo sostenibile che prevede 17 obiettivi ambientali, economici, sociali e istituzionali (Sustainable Development Goals - SDGs) che i paesi firmatari si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.
Da allora molte iniziative sono state avviate a livello europeo, ma non solo, per creare le condizioni necessarie all’attuazione di questo ambizioso programma.
A novembre 2016 è entrato in vigore l’Accordo di Parigi, trattato internazionale sul cambiamento climatico sottoscritto dalla UE. L'accordo presenta un piano d'azione per limitare il riscaldamento globale i cui elementi principali sono:
- obiettivo a lungo termine: mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C;
- contributi: i paesi aderenti hanno presentato piani d'azione nazionali globali in materia di clima per ridurre le proprie emissioni. Ogni 5 anni aggiorneranno tali piani con obiettivi sempre più ambiziosi;
- trasparenza: i paesi aderenti comunicheranno i risultati raggiunti;
- solidarietà: gli Stati membri dell'UE e gli altri paesi sviluppati forniranno finanziamenti ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le emissioni e a diventare più resilienti agli effetti dei cambiamenti climatici.
La Commissione Europea, ritenendo necessario il contributo dei capitali privati per la transizione a un’economia low carbon, nel marzo del 2018 ha lanciato l’Action plan on sustainable finance con l’obiettivo di:
- riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili;
- gestire i rischi derivati da fattori ESG (Environment, Social, Governance) includendo obiettivi ESG nei processi decisionali finanziari al fine di limitare l’impatto finanziario di tali rischi;
- promuovere la trasparenza delle imprese in materia di sostenibilità nella convinzione che essa costituisca un prerequisito per consentire agli attori del mercato finanziario di valutare adeguatamente la creazione di valore a lungo termine da parte delle imprese.
Ma uno spostamento dei flussi di capitali verso attività economiche più sostenibili presuppone trasparenza e disponibilità di informazioni e deve fondarsi su una accezione condivisa del termine “sostenibile”. I seguenti provvedimenti operano in tale direzione:
- Regolamento UE 2019/2088 (Sustainable Finance Disclosure Regulation - SFDR) e relativi standard Tecnici. Con i primi obblighi operativi dal 10 marzo 2021, ha previsto nuovi requisiti di trasparenza per i partecipanti ai mercati finanziari e per i consulenti finanziari per ciò che concerne:
- l’integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi decisionali relativi agli investimenti e nelle consulenze in materia di investimenti o assicurazioni;
- la valutazione dei principali effetti negativi per la sostenibilità delle decisioni di investimento;
- le informazioni connesse alla sostenibilità relative ai prodotti finanziari e investimenti sostenibili.
- Regolamento UE 2020/852 sulla tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, introdotto con l’obiettivo di indirizzare gli investimenti finanziari verso attività economiche in grado di contribuire alla transizione verso una economia “low carbon”.
La tassonomia individua 6 obiettivi:
- mitigazione del cambiamento climatico;
- adattamento al cambiamento climatico;
- uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine;
- transizione verso l’economia circolare;
- prevenzione e controllo dell’inquinamento;
- protezione della biodiversità e degli eco-sistemi.
Definisce, inoltre, i criteri che le attività devono soddisfare per essere eco-compatibili:
- contribuire positivamente in modo sostanziale ad almeno uno dei 6 obiettivi ambientali;
- non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo;
- essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime;
- essere conforme ai criteri di vaglio tecnico fissati dalla Commissione e pubblicati sotto forma di Atti delegati.
Ad oggi sono stati adottati i primi due atti delegati:
- il Regolamento Delegato 2021/2139 (Climate Delegated Act) definisce i criteri tecnici in base ai quali identificare le attività economiche che possono dare un contributo sostanziale ai primi 2 obiettivi della Tassonomia. A partire dal 1° gennaio 2022 agli operatori dei mercati finanziari è stato chiesto di rendicontare se, e in che misura, gli investimenti dei prodotti finanziari sono allineati alla Tassonomia;
- il Regolamento Delegato 2021/2178 specifica il contenuto, la metodologia e la presentazione delle informazioni che le imprese soggette all’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario previsto dalla Direttiva 2014/95/UE “Non Financial Disclosure Regulation – NFRD” devono comunicare in merito alla quota di attività economiche allineate alla Tassonomia. I primi obblighi, per le imprese finanziarie e non, decorrono dal 1° gennaio 2022 con successive integrazioni (1° gennaio 2023 per imprese non finanziarie; 1° gennaio 2024 per imprese finanziarie; 1° gennaio 2026 per enti creditizi).
Corporate Sustainability Reporting Directive
A completare il paniere di provvedimenti atti ad orientare le imprese verso una comunicazione sempre più trasparente, è la recente approvazione della direttiva UE relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità “CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive”.
L’iter legislativo appena concluso, riguarda uno dei più grandi interventi dell’Unione Europa in materia di corporate accountability, che la rende pioniera nell’effettivo perseguimento dell’SDG 12 dell’Agenda 2030 “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo” con particolare riferimento al target 12.6 “Incoraggiare le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali”.
Il 28 novembre il Consiglio Europeo ha approvato in via definitiva la direttiva: a partire dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 16 dicembre 2022, l’Italia ha a disposizione 18 mesi per recepire la direttiva nella legislazione nazionale.
Ma cos’è la CSRD?
Si tratta di un provvedimento introdotto per colmare le carenze della Direttiva 2014/95/UE ed estendere il campo di applicazione a tutte le grandi imprese e alle società quotate sui mercati regolamentati, incluse le PMI quotate (ad eccezione delle microimprese).
Per le società non europee, l’obbligo di fornire un rapporto di sostenibilità si applica a tutte le società che generano un fatturato netto di 150 milioni di euro nell’UE e che hanno almeno una filiale o una succursale nell’UE che supera determinate soglie.
La Direttiva NFRD risale al 2014, prima dell’introduzione del corpus normativo legato alla Tassonomia e al Regolamento sulla finanza Sostenibile SFDR, e si è limitata a fornire delle indicazioni di carattere generale sui temi oggetto di disclosure lasciando ampi margini di libertà su granularità delle informazioni e modalità di rendicontazione. Ciò ha sollevato dubbi sulla comparabilità delle informazioni tra Società diverse e sull’affidabilità delle informazioni utilizzate dagli investitori per valutare i rischi ESG a cui sono esposte le aziende.
La nuova Corporate Sustainability Reporting Directive, oltre ad estendere il campo di applicazione, rafforza le norme in vigore in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario previste dalla Direttiva del 2014, ritenute non più adeguate alla transizione dell'UE verso un'economia sostenibile, introducendo obblighi di comunicazione più dettagliati allineati alla tassonomia e alla SFDR, con l’obbligo di adottare gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) che dovranno essere elaborati dall'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e adottati dalla Commissione UE con atti delegati.
L’emanazione del primo set di Standard, per il quale l’EFRAG ha presentato una prima bozza alla Commissione Europea il 22 novembre, è prevista entro giugno 2023, mentre entro giugno 2024 è attesa la pubblicazione della seconda serie di norme ESRS settoriali. È attesa anche l’elaborazione di standard dedicati alle PMI
La Direttiva CSRD si applicherà in 4 fasi:
- 2025, comunicazione sull'esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (Enti di interesse pubblico con più di 500 dipendenti);
- 2026, comunicazione sull'esercizio finanziario 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;
- 2027, comunicazione sull'esercizio finanziario 2026 per le PMI quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive. Alle PMI viene data la possibilità di prorogare l’applicazione della normativa per altri due anni (il c.d. “opt-out”) e quindi pubblicare la loro prima informativa sulla sostenibilità nel 2029 argomentandone la motivazione;
- 2029, comunicazione sull'esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di EUR nell'UE, se hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'UE che supera determinate soglie.
Tra le altre novità introdotte dalla Direttiva CSRD:
- Doppia Materialità. La direttiva chiarisce il principio della doppia «Doppia Materialità» eliminando ogni ambiguità sul fatto che le aziende dovrebbero riferire sia in merito all'impatto delle attività dell'impresa sulle persone e sull'ambiente, sia riguardo al modo in cui le questioni di sostenibilità incidono sull'impresa;
- Digitalizzazione delle informazioni. La nuova Direttiva richiede che tutte le informazioni di sostenibilità siano divulgate in formato digitale leggibile da dispositivo automatico e che alimentino il punto di accesso unico europeo previsto nel piano d'azione dell'Unione dei mercati dei capitali;
- Assurance. La nuova Direttiva sottolinea l’importanza del processo di assurance per garantire credibilità e accuratezza delle informazioni ESG consentendo agli Stati membri di aprire il mercato dei servizi di assurance ESG ai "fornitori di servizi di assicurazione indipendenti”
Infine, appare rilevante chiarire come anche le imprese non obbligate alla rendicontazione di sostenibilità possano essere impattate da tale provvedimento in considerazione di un possibile effetto “a catena”, pertanto sarebbe opportuno che anche i soggetti non obbligati comincino a confrontarsi con i nuovi framework, sia perché non è da escludere una progressiva estensione dell’ambito di applicazione, sia perché la transizione verso un'economia sostenibile potrebbe trasformare la raccolta e la condivisione di informazioni sulla sostenibilità in una pratica commerciale comune per le aziende di tutte le dimensioni.
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